Libri d’artista, libri oggetto, fototesti per il Belìce, progetto ideato e curato da Cristina Costanzo che accoglie, da quando è nato, le voci di 27 artisti, tutti differenti per formazione e attitudine e accomunati, in Visioni Oblique, “da un’attenzione speciale riservata per ragioni storiche, paesaggistiche e culturali a quest’area geografica della Sicilia”, la valle del Belìce, “con cui dialogano attraverso la ‘forma-libro’”. Un modo per approfondire e riflettere su un evento storico particolare, il terremoto che nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 colpì appunto la Valle del Belìce – area della Sicilia compresa nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento –, causando centinaia di morti e feriti e ingenti danni in diverse città, tra cui Gibellina, completamente rasa al suolo. È proprio qui che nel 1981, su invito di Ludovico Corrao (visionario sindaco di Gibellina che, dopo il terremoto nella valle del Belice, affidò la ricostruzione della cittadina ad architetti e artisti, tra cui Burri, Consagra, Accardi, Isgrò, Pomodoro, Paladino, Nunzio, Schifano, Quaroni, Venezia, Samonà, Mendini, Purini, Levi, Damiani, Sciascia, Dolci, Buttitta, Beuys), Alberto Burri realizzò una tra le sue opere più note, il Grande Cretto, tra le opere di Land Art più estese al mondo.
S/Paesaggi è un’opera libro che racchiude all’interno di un contenitore in plexiglass di gusto pop, per colore e materiale, una selezione di quindici scatti. La scelta del titolo ricorre a un gioco di parole che da un lato rimanda palesemente al ruolo del paesaggio e dall’altro evoca il disagio connesso alla sensazione di spaesamento che spesso si avverte nelle città ricostruite. Nelle città cosiddette nuove del Belìce la relazione tra centro e periferia e la dislocazione forzata, che si accompagnano al trauma del terremoto, sono centrali nei fatti artistici legati alla ricostruzione come controverso elemento identitario.
In tal senso la ricerca di Carla Sutera Sardo si rivela particolarmente feconda di suggestioni e offre una riflessione originale sulla comune percezione della nostra limitatezza dinanzi a questa tipologia di contesto urbano, capace di farsi paradigma della società contemporanea a tratti incompleta e scissa.
Ne scaturisce una successione di immagini liriche, di cui sono protagonisti gli individui e la (le) città. Nell’urgenza narrativa dell’artista il tessuto urbano e le sue opere d’arte sono in rima, si inseguono e susseguono secondo accordi a volte stridenti, lungo continui bilanciamenti e tensioni lineari che costruiscono un paesaggio inedito, corrispondete alla geografia dello sguardo dell’autrice che gioca, con passione e ironia, con le immagini e con il loro valore. Sempre vigile e curiosa, l’artista viaggia in punta di piedi ed esplora silenziosa le piazze deserte, le chiese vuote, le stazioni degli autobus, i sistemi urbani complessi e sovradimensionati che sembrano escludere la socialità collettiva alimentando tuttavia affascinanti forme di ritualità.
Tra luoghi estranei, paesaggi d’invenzione e figure (che condividono lo stesso orizzonte visivo del fruitore) si instaura così un fitto dialogo, dal ritmo vivacissimo e coinvolgente. Nell’opera di Carla Sutera Sardo capolavori dell’arte e dell’architettura del XX secolo si stagliano su orizzonti improbabili che l’artista puntella di presenze stranianti in un dialogo tra figure umane e archetipi mitici, sperimentando costruzioni narrative intorno a viandanti che si raccontano le reciproche avventure e innescano così infiniti sensi di interpretazione e visioni molteplici di città sempre nuove.
Cristina Costanzo